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Venezuela #2

Venezuela #2

Per dare un’idea del paese del terzo mondo (con tutto il rispetto) nel quale sono capitato descriverò una piccola attività lavorativa che periodicamente mi trovo ad eseguire per fare in modo che il Veliero che gestisco possa svolgere la sua attività di charter. Si tratta banalmente dell’attività di rifornimento del carburante.

Il motore del Bicho (Beneteau Idylle 15.50)  funziona a gasolio, quello del dinghi (il gommone ausiliario) a benzina, in più per avere i fornelli della cucina funzionanti per fare da mangiare serve gas butano, come in quasi tutte le cucine esistenti. Idrocarburi utilizzati da quasi tutti i motori esistenti e che il Venezuela produce in abbondanza e distribuisce sul suolo nazionale a prezzi ridicoli.

Il trasporto di questi combustibili avviene attraverso delle imbarcazioni che circa 2 volte alla settimana giungono a Los Roques cariche delle preziose risorse, dopo aver affrontato una decina di ore di navigazione dal porto de La Guaira (località portuale di Caracas) . Queste barche, una delle quali è denominata Normandia (si vocifera si tratti di un mezzo che ha operato più di sessant’anni fa nel corso dell’omonimo sbarco), toccano terra in una zona pietrosa dell’isola, deputata ai principali servizi quali l’acqua potabile, l’energia elettrica e lo smaltimento rifiuti (inceneriti a cielo aperto..ndA).

In questo scenario post-bellico, il povero proprietario di barche da diporto (o chi per esso) è costretto a salire sul fidato dinghi, approdare in una spiaggia sporca e pietrosa, aprire il magazzino (se ne ha uno) per tirare fuori i tambores (bidoni di plastica della capacità di 200l) e farli rotolare lungo un tratturo pietroso fino al mezzo di sbarco. Qui contratterà con il capitano della barca e i suoi scagnozzi la quantità che è possibile prelevare, secondo una gerarchia nella quale ci si fa strada a suon di mance, ma dove a spuntarla è comunque la simpatia reciproca. Nonostante i possibili sotterfugi, le attese per il carburante sono piuttosto lunghe perchè la “sete” di idrocarburi affligge l’isola più di altrettanto gravi malattie. Queste attese sono dovute un pò all’indolenza tipica in ogni ruolo e occupazione in questo paese, un pò perchè la rarità dei rifornimenti provoca un’assalto di barcaioli, posadieri, ristoratori e di chi altro soffre per questa tremenda mancanza.

Le operazioni di riempimento dei bidoni si svolgono sul ponte arrugginito di queste chiatte, dove i barcaioli (me compreso) si muovono a piedi nudi, circondati da pericoli di ogni tipo. Devo dire che mi divertono queste attese perchè ho la possibilità di vedere ogni tipo di “assetato” che si affanna per procurarsi la dose necessaria, perchè sul ponte si ride e si scherza e si possono vedere all’opera i favoritismi e gli ostruzionismi del caso.

La parte meno divertente è quando i bidoni, colmi di gasolio e benzina, vengono fatti rotolare prima giù dalla chiatta, e in seguito per lo stesso tratturo pietroso dell’andata, che ovviamente presenta dei tratti di falsopiano decisamente sfavorevoli. Questo sport olimpico ha messo alla dura prova il fisico gracile (da lanciatore di coriandoli, direbbe mia sorella) che mi sono portato dal mio precedente stile di vita e dopo 3 tambores (600kg), ho avuto i pettorali in fiamme per quasi una settimana. Piano piano, con dolore e sudore sto adeguando la mia capacità fisica alle esigenze che questo lavoro richiede in questo angolo del mondo.

L’unica consolazione è che 800l di benzina, 400l di gasolio e 2 bombole di gas costano circa 70 euro, mancia inclusa.

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