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Milebuilding Malta-Gibraltar, Day1 to Day6

Milebuilding Malta-Gibraltar, Day1 to Day6

DAY 1: Malta- Pantelleria, 135 nm

Le prime 135 miglia sono state dure come mi aspettavo: dopo quattro mesi di terra ho un pò sofferto i continui movimenti della barca sul mare, ho mangiato pochissimo e quel poco l’ho vomitato. Mi sono reso conto ancora una volta che stare in mare non è uno scherzo, chiedendomi se davvero ho voglia di fare questa vita così dura, che necessita attenzione costante, disciplina e responsabilità, ma soprattutto capacità di prendere decisioni in breve tempo. Non si tratta di un lavoro tranquillo. D’altra parte devo registrare che quando stringo il timone, le vele sono ben regolate e la barca solca le onde sento un’eccitazione quasi erotica che mi percorre.

Diego e Barry, nel corso della navigazione

DAY 2: Pantelleria

A Pantelleria mi sono ritrovato nuovamente di fronte all’Italia, sensazione ambivalente di amore e odio. Qui due mebri dell’equipaggio hanno abbandonato la barca. Simon e Diego si sono sentiti molto male nel corso della prima tappa e sotto suggerimento/ordine dello skipper hanno deciso di tornare a casa via terra. Questo evento ha rimesso in moto i dubbi sorti in navigazione e una certa nostalgia per casa, famiglia e amici. Ho poi visto quanto sarà duro colmare il mio gap di conoscenze richieste dagli standard RYA, ma questo ha anche cancellato la spocchia di credere di sapere, che non mi servirà a nulla nel corso del mio training.

Il porto di Pantelleria

DAY 3: Pantelleria – Zembretta, 62nm

Nel corso della navigazione per Cagliari ci siamo visti costretti a riparare all’isola di Zembretta, praticamente uno scoglio nel Golfo di Tunisi per sfuggire a una bufera in arrivo. Durante la notte il forte vento da sud rischiava di spingerci contro gli scogli e abbiamo dovuto spostarci all’isola di Zembra, lì accanto.

In primo piano l'isola di Zembretta, sullo sfondo Zembra

DAY 4: Zembra – Cagliari, 160nm

David, skipper e proprietario di Seawolf si è svegliato preda di una forte dissenteria. Io, Barry e Bruce ci siamo quindi trovati al comando e alla conduzione della barca per queste 160 miglia. Per fortuna il vento e le buone condizioni del mare ci hanno agevolato e abbiamo raggiunto Cagliari in 23h. I delfini mi hanno tenuto compagnia durante la notte. Era la prima volta che li incontravo nel corso di una navigazione notturna ed è stata una compagnia piacevole: ci hanno seguito saltando qua e là per più di mezzora.

Bruce e Barry, compagni di viaggio

DAY 5: Cagliari

Un giorno di stop per rifornimento, riposo e per permettere a David di recuperare. Da segnalare la cena a base di pesce, nella trattoria tipica Lillicu,  ottima e affollatissima nel centro storico di Cagliari. Il nostro skipper si è svegliato pieno di energia il giorno seguente e, consultate le previsioni dei giorni successivi, ha ordinato una partenza immediata per evitare di rimanere bloccati in Sardegna a causa dei forti venti contrari e del maltempo in arrivo.

La prua di Seawolf, sullo sfondo Cagliari

DAY 6: Cagliari-Menorca, 250nm

Con David completamente ripreso abbiamo affrontato la tappa più lunga del viaggio, percorrendo le 250 miglia che separano Minorca da Cagliari in 36h. Il primo tratto è stato tranquillissimo: su un mare assolutamente piatto (le stelle si specchiavano sulla superficie!), la propulsione del motore spingeva Seawolf  e l’autopilota manteneva la rotta. Domenica sono arrivati i temporali e il vento contrario a risvegliarci dal torpore e a metterci in agitazione.  L’ultimo tratto ero al timone , con 20 / 25 nodi di vento a favore che spingeva la barca a 8 nodi su un’onda lunga che ci colpiva sulle mura di dritta fino all’entrata del canale di Mahòn. Ho un pò sofferto il comportamento capriccioso sull’onda della Pronavia 38, barca rapidissima e aggressiva in regata ma che in quel frangente sembrava una saponetta impazzita. Ho rimpianto la solidità del Bicho sull’onda, ma devo ammettere con soddisfazione che me la sono cavata bene. A Minorca attenderemo condizioni meteo favorevoli per riprendere la navigazione in direzione di Gibilterra.

Mahòn, isla de Menorca
Tempo di ritorno

Tempo di ritorno

Affronto la mia ultima settimana a Los Roques come se entrassi in una camera di decompressione. L’arcipelago si sta svuotando di turisti, anche se il veliero continua a lavorare a pieno regime, tenendomi continuamente in allerta.

A Gran Roque fervono i preparativi per la festa della Virgen del Valle, la processione che vede un fiume di barche colme di abitanti e turisti accompagnare la statua della Virgen dall’isola di Crasqui, fino a un punto roccioso di Gran Roque dove verrà deposta. E’ la festività più importante dell’isola, un mix di folklore e divertimento sfrenato amalgamati da dosi massicce di alcool. Mi spiace molto perdermi questo evento.

Purtroppo la processione si svolge il giorno della mia partenza da Los Roques. Tornerò in Italia per un mese e mezzo, in cerca di relax e per reincontrare gli affetti più cari e gli amici. Sento la necessità di una vacanza perchè, al di là degli stereotipi sul Caribe, qui il lavoro copre tutti i sette giorni della settimana. Credo che continuerò a scrivere dall’Italia, ad annotare differenze e a cercare di capire meglio cosa mi sta dando questa esperienza.

Venezuela #1

Venezuela #1

Venezuela, mancanza di padre amoroso.

Questa è la lapidaria definizione che Fernando mi diede una sera, seduti nel pozzetto del Bicho, intenti a riflettere su argomenti che riguardano la vita degli uomini e delle donne in senso ampio. Confesso che la definizione, supportata da numerosi esempi che la vita quotidiana di questo paese mi mette davanti, mi colpisce e mi sembra molto azzeccata.

Qui è frequente incontrare giovani madri che tirano su i propri figli in solitudine, e spesso comn l’ausilio della nonna matera.  I padri hanno figli con donne diverse, e spesso non vivono con loro, evitando di costituire un nucleo famigliare che vive insieme. Ovviamente conosco casi che disconfermano la regola, ma questa tendenza è molto evidente in tutto il Venezuela e forse in Latino America.

La figura paterna è difatto assente o lontana. Ferventi psicanalisti potrebbero elaborare puntuali riflessioni sul tema, mentre qui io mi limito a registrare il fenomeno come una caratteristica locale, quasi un costume, un tratto culturale.

Abituato come sono al modello di famiglia italiano, anch’esso oramai poco più di uno stereotipo, confesso che vedere queste cose mi spiazza. Eppure il “modello venezuelano” è reale e praticato, e non mi sembra di vedere persone disperate o infelici, o per lo meno non più di quante non se ne vedano oggi in Italia.

Da un lato, in Italia, mi sembra ci sia il culto della “sacralità della Famiglia”, un valore imposto più che praticato, quasi un dovere che rischia di soffocare lo slancio vitale della popolazione; dall’altro lato dell’oceano assisto a una procreazione irresponsabile, con una mancanza di accudimento che impedisce quella stabilità necessaria alla creazione di prosperità e ricchezza. Da una parte ho un paese d’origine, l’Italia, colmo di cultura e ricchezze ma vecchio e privo di energia; dall’altro il Venezuela, pieno di vitalità e calore ma incapace di assumere forme stabili, anche e soprattutto politicamente.

Immobilità opposta a dispersione, gli opposti inconciliabili che osservo da queste isole e da questo particolare punto di vista. C’è chi porta tutto sempre e solo al proprio Mulino (per grande o piccolo che sia ha sempre confini netti) in una sorta di solidarietà mafiosa, e chi invece non accumula e accudisce ma disperde, vivendo alla giornata, perchè in fin dei conti un mulino non ce l’ha.

Per il momento mi muovo sugli opposti, sui casi limite, sugli stereotipi che mi aiutano a dare un pò di senso a ciò che mi accade e a confrontare due esperienze di vita radicalmente differenti.

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