Month: June 2010

Ceviche a Los Roques

Ceviche a Los Roques

Tra le delizie culinarie che si possono gustare a Los Roques merita un posto d’onore il Ceviche. Questo piatto a base di pesce marinato nel limone, da servire come aperitivo con gallette salate o come secondo piatto,  è tipico di molte zone del Sud America e del Pacifico. In questo post vi riporto come ho imparato a cucinarlo a Los Roques a bordo del veliero Bicho.

Ingredienti per 6 persone:

– 600 gr. di filetto di pesce

– 3 / 4 lime verdi a seconda delle dimensioni

– 5 peperoncini dolci o piccanti a piacimento (Aji venezuelano)

– Porro o cipolla o aglio

In Aggiunta a piacimento: olio extravergine di oliva, sale, pepe, salsa di soya.

Preparazione:

Sfilettare e togliere la pelle del pesce appena pescato (se vi trovate in barca) cercando di estrarre un filetto il più spesso possibile. Ideali per questo piatto sono il Barracuda che ha un carne molto compatta e deliziosa, il Carite (Scomberomorus maculatus) con la sua carne, bianca e il Tonno con la saporita carne rossa, ma anche molluschi come la Quigua e il Botuto (ricordo che è vietata la cattura in tutto il territorio venezuelano).

Con un coltello ben affilato tagliare sottili scaglie di carne dalla parte spessa del filetto e disporle in un vassoio piano ma con i bordi rialzati. Tritare finemente il peperoncino e l’alliaceo desiderato (Porro, cipolla, aglio). Io prediligo il Porro, ma sono molto validi anche l’aglio molto fresco e la cipolla. Disporre questo trito uniformemente sulle scaglie di carne.

A questo punto spremere il succo lime direttamente sul pesce e lasciare qualche minuto a marinare. L’effetto del succo del lime sarà quello di “cucinare” la carne fino a renderla bianca e di mitigare il sapore del condimento. La quantità di lime e il tempo di marinatura sono da scegliere in base al proprio gradimento in fatto di pesce crudo. Per gli amanti del genere sarà sufficiente una spruzzata di lime e una marinatura di una decina di minuti. Per i meno avvezzi al sapore del pesce crudo si consiglia abbondante lime e almeno trenta minuti di riposo, per lasciare che la carne si cucini.

Poco prima di servire, condire a piacimento con olio extravergine di oliva o salsa di soya. Correggere il sapore con sale e pepe.

La mia casa è una valigia: cronache di un nomade

La mia casa è una valigia: cronache di un nomade

ho “rubato” questa immagine al blog http://paoloblog.com/2010/02/per-casa-una-valigia.html

E’ un anno che sono in viaggio e ancora non so quando fermarmi. La possibilità che mi sta dando l’isola (Los Roques) è anche quella di viaggiare per altre isole, in barca e in aereo.

Ho finito un certo tipo di lavoro e sto ora cercando di farne partire un altro. Si tratta sempre di professioni dal reddito incerto, progetti temporanei che mi fanno viaggiare per ora nei Caraibi, domani chissà.

Non credo che la motivazione che mi spinge a questo continuo cambiamento sia intrinseca al tipo di lavoro, o ad una carriera che spero di intraprendere. Potrebbe essere che inizio ad amare questo stile di vita, altrimenti non sopporterei con tanta leggerezza le scomodità di alloggio, nutrizionali, contrattempi e imprevisti. C’è un ritmo quasi inebriante nel seguire gli ondeggiamenti del caso.

Mi trovo in una condizione di distanza geografica ed esistenziale, di identità incerta. Intanto il tempo passa… e mi chiedo se perseverare con questo nomadismo, di occasione in occasione, di progetto in progetto abbia un senso.
Nomadi difficilmente si nasce, perlomeno nel senso moderno di nomadi digitali, o qualsiasi altra etichetta tenti di definire chi ha il privilegio di poter muoversi per il pianeta più o meno a piacimento.
Sto imparando a mie spese cosa serve per stare mesi e anni lontani da una casa… Ovviamente cosa serve a me.
Denaro: nè tanti nè pochi ma viaggiare costa e soprattutto i contrattempi costano. Viaggiare in paesi dove il costo della vita è molto basso aiuta, ma bisogna comunque stare attenti alle uscite. Ci si può improvvisare lavoratori, difficilmente in regola, e ancora più raramente in maniera stabile da garantire un certo risparmio, però si possono recuperare i soldi necessari alla prossima tappa e coprire le spese.
Macchinetta taglia barba e capelli: sistema il tuo look quando e dove vuoi tu. E’ un utile strumento che comunque non ti impedisce di andare dal parrucchiere. Da accoppiare a due specchi nel caso si operi da soli.
Smartphone. Più piccolo e comodo di un portatile gli smartphone intercettano le reti wireless e funzionano con reti GSM. Indispensabile per gli internauti.
Kit da cucito. Non sono un sarto, ma una riparazione di emergenza può aiutare. Sono piccoli e costano poco. E un ago, un bottone o le spille da balia servono per tanti utilizzi differenti.
Media Storage: in poco spazio la tua musica, i tuoi film e tutti i dati che ti servono. Si può uploadare e fare spazio dai computer degli amici che si incontrano. Con 1 Terabyte di dati devi menartela parecchio per dire che non ti bastano. Molto utili i piccoli speaker a batteria per ascoltare la tua musica in qualsiasi alloggio, anche il più temporaneo.
Quaderno di viaggio e agenda. Il primo lo uso come diario e per buttare giù appunti e idee. Il secondo per numeri telefonici, info. Funziona senza corrente.
 Macchina fotografica. Serve sempre quando non ce l’hai a portata di mano. Per questo non riesco a passare alle costose e ingombranti Reflex digitali. Se impermeabile meglio, non sai mai cosa può succedere al tuo bagaglio.
Attrezzi. un multitool come i coltellini svizzeri o le pinze Leatherman aiutano. Recentemente mi sono dotato di saldatore a gas (piccolo come una penna e funziona col gas degli accendini) e di adattatori per la corrente.
Libri. Ahimè la nota dolente. Pesano e ingombrano e durano poco… Per questo ho lasciato a casa il Don chisciotte e L’uomo senza qualità, anche se avrei avuto voglia di leggerli. Meglio comprare edizioni economiche e scambiarli o abbandonarli per far posto a nuovi. Ancora non sono passato agli ebook… ma sembra un passo inevitabile. Vi farò sapere.
Vestiti. Anche questi si abbandonano o regalano per far posto a nuovi. Soprattutto se si cambiano climi differenti. Viaggiare intorno all’equatore permette un equipaggiamento “leggero”. Fondamentali mollette, fili per il bucato e una sacca robusta di tela per gli indumenti sudici… Potrebbe passare del tempo prima di incontrare la prossima lavanderia.
Portarsi dietro articoli particolarmente costosi è sconsigliato. Possono danneggiarsi, essere rubati, venire persi più facilmente che vivendo in una casa, e il dolore è doppio… Non mi viene in mente altro per il momento, se non elastici, sacchetti di plastica (anzichè buttarli..), accendini (non solo per i fumatori)… D’altronde sono nuovo del settore, qualche altro viaggetto mi aiuterà a imparare meglio come ci si muove per il mondo.
Oggi 18 Giugno 2010 è morto Josè Saramago: grazie Josè e buon viaggio…

Oggi 18 Giugno 2010 è morto Josè Saramago: grazie Josè e buon viaggio…

Un ricordo dalle sue parole:

Ho imparato in questo mestiere che chi comanda non solo non si ferma davanti a ciò che noi definiamo assurdità, ma se ne serve per intorpidire le coscienze e annullare la ragione.

Saggio sulla lucidità


Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito.

Viaggio in Portogallo

[Su Silvio Berlusconi] Non vedo quale altro nome potrei dargli. Una cosa pericolosamente simile a un essere umano, una cosa che che dà feste, organizza orge e comanda un paese chiamato Italia. Questa cosa, questa malattia, questo virus minaccia di essere la causa della morte del paese di Verdi se un vomito profondo non riesce a strapparlo dalla coscienza degli italiani prima che il veleno finisca per corrodergli le vene e distruggere il cuore di una delle più ricche culture europee.

La cosa Berlusconi, El País, 7 giugno 2009

Trovarsi d’accordo non sempre significa condividere una ragione, la cosa più abituale è che un gruppo di persone si riuniscano all’ombra di un’opinione come se fosse un parapioggia.

L’uomo duplicato


Arriva sempre un momento in cui non c’è altro da fare che rischiare
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Cecità

Se il futuro non esiste…

Se il futuro non esiste…

Avvertenze per il lettore:

Il seguente post contiene riflessioni sulla vita di difficile decifratura, trattate con esaustività parziale, che possono generare più confusione che chiarezza. Astenersi dalla lettura in casi di scarsità di tempo, limitata attenzione o in entrambi i casi.

“Ciascuno esamini i propri pensieri. Troverà che sono tutti concentrati nel passato o nell’avvenire. Non pensiamo quasi per niente al presente, e se ci pensiamo è solo in funzione di predisporre il futuro.
Il presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l’avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo siamo mai…”
Blaise Pascal

Se prendiamo per vera l’opinione che il passato gia’ non e’ e che il futuro ancora non e’ (si poteva certo formulare in un italiano migliore, spero il lettore comprenda e perdoni) non rimane che il presente, hic et nunc, quello che i sapienti individuano come il momento della verita’.

Vivi il presente… Gia’… facile a dirsi. Vivi ogni giorno come fosse l’ultimo. Questa prospettiva sembra sposare l’idea di un “essere in divenire” come la pensava Eraclito, piuttosto che l’idea di immortalità e immobilità dell’essere concepita da  Parmenide (e dimostrata dai paradossi del discepolo Zenone). La mia ignoranza in tema di filosofia classica mi tiene all’oscuro (e qui il lettore mi aiuti) dell’esistenza di pensatori che abbiano risolto brillantemente tale dilemma, cioè se gli esseri umani siano in grado di arrivare a una conoscenza di sè abbastanza stabile e uniforme tale da poter di fornire valide indicazioni stradali a tutti (o imporre un modello “corretto” ai sottoposti) o se ogni vita è unica e portatrice di nuove conoscenze (e qui le regole e le norme perdono un pò del loro potere). Ma non è questo il tema di cui voglio scrivere, anche se  fornisce una scoppiettante introduzione.

Tornando al vivere oggi vs. pianificare il futuro (inesistente vista la premessa), ho negli ultimi tempi potuto conoscere più da vicino quell’aspetto del vivere il presente che si chiama vivere alla giornata. Si tratta forse di una versione “sudamericanizzata” della questione che certo ha evidenti limitazioni (soprattutto ai fini previdenziali e di costruzione di una vita sicura), alcuni vantaggi e molti nemici nella parte più vecchia del pianeta, quella che grazie ad armi, acciaio e malattie si è sviluppata più in fretta e più ferocemente di tutti gli altri. E’ da lì che provengo, ed è da questo che mi sono momentaneamente allontanato, anche se le mie aspettative nei confronti delle altre persone seguano ancora i valori tipici di tale cultura.

Provengo dalla cultura del mutuo e della casa di proprietà, dell’INPS, del “se ti impegni oggi raccoglierari i tuoi frutti domani”, del “quello è proprio nato per fare il medico/ingegnere/muratore/panettiere” e del “senza soldi non vali niente”. Insomma, la vecchia storia del Regno dei Cieli. Una società dove tutta una serie di norme tradizionali, tramandate di generazione in generazione, guidano all’impostazione della propria vita. Queste conoscenze tradizionali sono costruite su saperi condivisi e tramandati, basate su necessità sociali e organizzative, con una spruzzata di cultura del profitto e del successo per dare quel pizzico di sfida e motivazione agonistica.

In questo preciso istante mi trovo in una condizione di distanza geografica ed esistenziale, di identità incerta, nella quale le succitate norme non mi sono di utilità pratica, se non per deboli comparazioni. Non ho ancora elementi per operare una scelta, nè in favore di una delle opzioni, nè ancora ho individuato un approccio che costituisca una possibile sintesi. Intanto il tempo passa, per quanto viva come il lettore sempre nel presente.

Qualcuno mi ha detto che se continuo con questa vita potrei diventare il classico scappato di casa, che insieme alle popolazioni sudamericane costituisce un esempio in carne ed ossa del vivere il presente. Ne ho incontrati di scappati di casa. A parte qualche caso al limite dell’indigenza, mi sono apparsi tutti abbastanza in gamba, quasi geniali. Il mare è uno di quei luoghi che attraggono tali individui, a volte qualcuno se lo prende pure (anche se statisticamente la frequenza è minore rispetto agli incidenti tipici delle realtà civilizzate e sovrappopolate), ma certo non ha l’esclusività.

Capaci, disponibili ad aiutare, per certi versi unici, coraggiosi e un pò folli, solitari ma proprio per questo aperti all’incontro. Così mi appaiono al primo contatto gli scappati di casa. Ma subito il mio sistema culturale e i miei studi in psicologia mi suggeriscono che dietro a queste fughe dev’esserci una qualche sofferenza, qualche buco da colmare, storie terribili alle spalle, addirittura una colpa. Altrimenti non si spiega il perchè uscire dai binari sociali, visto che il permanervi è la norma. E per parallelismo comincio a sospettare di avercela pure io qualche tara, una ferita, almeno in fieri, e che devo trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. Un obiettivo, o vari perchè è difficile che uno solo soddisfi la complessità che uno si porta dentro.

Al momento di obiettivi che guidino il susseguirsi dei giorni verso una direzione finalizzata proprio non ce ne sono. Ogni giorno cambia mettendo sul tavolo carte nuove, occupazioni varie ed eventuali pretendono la mia attenzione. E’ qui che si gioca la battaglia del presente, con le visioni ammalianti o terrificanti del futuro e le corazze o i limiti del passato,. Ci sono progetti sicuramente desiderati ma che mancano di materie prime fondamentali al momento non disponibili, oppure progetti folli che allontanano più che avvicinare alla comunità di riferimento (e il lettore sicuramente ne è una parte).

Parlare a qualcuno di un progetto folle, di un desiderio “proibito”, di un’occasione di cambiamento è tremendamente frustrante.  Anche i più aperti mentalmente (quelli che non ti mettono ostacoli davanti appena apri bocca) ti ascoltano rapiti, ti offrono la loro intelligenza e know-how, per un pezzo sognano con te. Però alla fine ti dicono: io non lo farei mai, vivere senza televisione!?, ci hai pensato a quando sarai vecchio? e i tuoi figli?

Sentirsi come una banderuola spinta dai venti del possibile è una sensazione che attiva l’immaginario, fa sognare, insomma da tinte forti alle emozioni. Ma così come si infiammano, le emozioni sono capaci di spegnersi, di virare verso tinte cupe  e di rimanere in uno stato di negatività fino al prossimo giro di giostra, alla prossima occasione. Ma se la strada è ben tracciata, il viaggio pianificato e il tempo distribuito nelle attività routinarie, che spazio possiamo dare all’occasione?

L’etimologia del sostantivo occasione (da Ob- innanzi, contro e cìdere, cadere), fa pensare qualcosa che ti cade davanti o su cui proprio inciampi.  Ricorda anche l’atto di chinarsi per raccogliere un oggetto da terra (cogliere un’occasione). Per compiere questo gesto è necessario un surplus di tempo e quando il cammino è segnato da una’agenda serrata una pausa per fermarsi e raccogliere potrebbe compromettere i piani futuri. Figuriamoci poi seguire quello che l’occasione ci dice, dal momento che potrebbe portarci a percorrere un sentiero del tutto diverso e sconosciuto.

Per questo forse il detto il tempo è denaro è male interpretato. Forse il tempo vale più del denaro, e sacrificare denaro per ottenere tempo non mi sembra un’opzione che vada per la maggiore, c’è il rischio di non riuscire a costruire quanto progettato in precedenza, rischiando di perdere l’investimento fatto. Ma se la congiuntura economica presente ci dice che la povertà è più che un’opzione (almeno per quelli della mia generazione), perchè non dedicare più sforzi per ottenere tempo e quindi occasioni?

Prendersi del tempo per pensare. Non volevo arrivare a questo, volevo scrivere delle difficoltà nell’impostare la propria vita se si decide di vivere il presente, il qui e ora, ma l’unico risultato è stato proprio quello di prendermi del tempo per pensare. Ne avevo di tempo (sacrificato ad altre “occasioni” e doveri), quindi ne ho approfittato. Se il lettore è arrivato a questo punto un pò l’ha fatto, affrontando un costo in tempo e attenzone e senza ricavare risposte esaustive. Dedicare tempo e attenzione per attività non in agenda è purtroppo un’attività scarsamente ricompensata. Ci serve? Spero di sì, anche per poter dire alla mia coscienza che non ho perso tempo inutilmente.

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